«Tempesta d’amore»
Erano oramai le due di mattina di domenica quando finii di scrivere le ultime righe del mio romanzo. Me ne stavo con il bicchiere di vino e l’insonnia che mi facevano compagnia. Per festeggiare decisi di accendermi un buon sigaro, ma non riuscii a godermelo per molto perché presto bussarono alla porta.
-Avanti- Dissi con il mozzicone tra i denti e i piedi sullo scrittoio. Non mi aspettavo visite dal momento che la duchessa aveva dato una festa in suo onore per suo il cinquantesimo compleanno.
Ma per qualche motivo non mi sorpresi nel vedere Elizabeth.
Era stupenda. Evidentemente se n’era andata da poco dal ballo perché aveva ancora il suo vestito bianco da cerimonia e indosso una maschera con le fattezze di un cigno. Rimase lì, immobile, fissandomi con uno sguardo malizioso. Poi disse con la sua solita voce penetrante:
-Non mi fai accomodare?
-Non fare la stupida ed entra pupa- Risposi seccato. Non mi piace quando le donne giocano con me.
-Che cosa vuoi?
Si tolse la maschera e sfilò dal corpetto una pipetta e se l’accese. Dio, le donne che fumano mi fanno impazzire.
Preso qualche boccata rispose sempre con voce calda:
-Il matrimonio. Qualcuno vuole mandare a monte.
Riflessi per qualche istante. Poi dissi calmo:
-E’ un’affermazione pesante piccola. Non si scherza su certe cose. Come fai ad esserne sicura?
-Ho ricevuto questa. Me l’ha portata il cocchiere. Mi ha detto che uno signore con la mantella gliel’ha data da consegnarla urgentemente a me. Così è venuto a cercarmi nella sala da ballo-
Mi mostrò la lettera. Era scritta con un’ottima grafia, ma non mi diceva nulla su chi l’avesse potuta stendere.
-Che aspetto aveva?
-Non lo so. Era buio, non l’ha visto bene.
-Sono solo stronzate Elizabeth. Sarà qualche tuo spasimante geloso.
Detta quella frase lei scoppiò in lacrime:
-Perché? Perché dici questo?!
-Su! Su! Smettila di piangere.
Lo sapevo che non avrebbe retto la messinscena che tenne fino a quel momento, ma comunque mi infastidiva che facesse così. Bevvi d’un fiato il mio bicchiere di vino e mi avvicinai a lei. Piangeva coprendosi il viso con le mani. Le afferrai con fermezza i polsi e le intimai:
-Non essere ridicola! Smettila!
Lei di rimando pianse ancora più forte e cominciò a battermi i pugni sul petto. Così optai per una vecchia soluzione. Le sganciai un man rovescio che la spiazzò e si sedette sulla poltrona affianco a lei.
Ero davvero un mostro. Dovevo capire che facesse tutti quei problemi per un matrimonio.
D’altronde.. era anche il mio.
Continua..
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