“La prossima volta però.. bussi”
16 Ottobre, 2005.
Sono nel mio studio a scrivere l’ultimo capitolo sul mio portatile, nel buio della sera invernale, cercando di rilassarmi con del tè. Sono oramai tredici notti che trascorro in questa villetta sperduta per un po’ di concentrazione solitaria, ma come ogni notte sento dei rumori sospetti che non mi danno tregua. Guardo fuori dalla finestra dello studio e vedo solo i soliti alberi privi di foglie che si agitano al vento. Questa situazione non mi piace e devo procedere con una svolta. Sembrava che avessi finalmente scoperto qualcosa riuscendo ad aprire il magazzino con tutte quelle cianfrusaglie aborigene ieri, ma era solo un buco nell’acqua. Mi massaggio le tempie cercando di venir a capo di qualcosa, ma non mi viene in mente niente. Domattina riproverò a chiamare Willis, il padrone di casa.
Una storia buffa quella di Willis. Un simpatico vecchietto che non sono mai riuscito a incontrare. Mi ha affittato la casa per telefono, dicendomi dove teneva nascoste le chiavi. Doveva passare a concludere il contratto, ma non si è più fatto vivo. Valli a capire questi ottantenni scozzesi.
Gli scricchiolii sono ricominciati. Mi faranno impazzire! Ho motivo di credere che ci sia qualcosa oltre a me in questa casa. Considerando il sangue sullo specchio nel bagno e i ratti mezzi mangiati in cantina. Mi aspetto solamente di incontrare qualche altra forma vivente da un momento all’altro.
Ecco, appunto. Finalmente qualcosa di diverso. Un rumore di cigolii di chi sta salendo le scale. Penso che stia arrivando. Eheh, non mi farò trovare impreparato. Raccolgo il mio bastone da passeggio in mogano con il manico placcato in oro e mi alzo cauto. Intanto i passi, strisciati sono arrivati sul piano. Impugno con due mani il bastone e mi avvicino alla porta chiusa. Ecco, ora si sentono anche dei leggeri lamenti. Potrebbe essere un mutante di qualche tipo. Devo stare attento perché potrebbe avere deformità pericolose, come tentacolari, che mi renderebbero lo scontro difficoltoso.
Si sta avvicinando. Ora è dietro alla porta. Apro di scatto e me lo ritrovo davanti. Ripugnante. Una forma di vita di carbonio bipede che sembra passata sotto un camion. Sanguinante, brutto come la peste, con la mascella semiaperta che sbava. Cristo, che schifo! Disgustoso e inquietante, ma ho affrontato di peggio. Lo afferro per il colletto di quegli abiti stracciati e lo tiro dentro rapidamente facendogli lo sgambetto. Cade per terra. Quello che ora è disteso probabilmente era il frutto di chissà quale maledizione o esperimento scientifico andato male. A vederlo con un primo sguardo sembrava uno zombie. Raccapricciante! Era solo, o la casa ne era infestata? Non importa comunque, perché devo sistemare prima questo. Per cinica curiosità gli tiro un calcio nei “cosiddetti”. Ah ah! Te lo ricorderai questo quando ti rispedirò da dove sei venuto. Gli salto sopra e comincio a bastonarlo su quel brutto muso che si ritrova. Sembra fare ancora resistenza, così lo afferro di nuovo e lo scaravento sulla scrivania. Quella cosa scivola e cade dall’altra parte. Continua con i suoi lamenti di morte, ma non spaventa nessuno. Sposto la scrivania con una mano e gli oggetti sparsi a terra con un piede. Lo alzo in piedi e gli tiro una testata. Mi è venuta un’idea!Un po’ folle, ma sarebbe da idioti non tentare. Gli do ancora due cazzotti sotto lo sterno per introdurre il discorso, gli prendo un braccio e glielo giro dietro la schiena.
‘Allora bastardo di uno zombie. Sei venuto a mangiarmi il cervello, vero? Di’ un po’, in quanti siete? Eh?! Siete venuti solo per me, o state pensando anche a qualcun altro? Oh! Ora che ci penso, magari avete preso anche Willis, eh? Cosa ne avete fatto di lui? PARLA! Cosa avete fatto di Willis!’
‘I-Io.. s-sono Willis’
‘…’
‘…’
‘Gradisce una tazza di tè?’
Continua..