La domanda del letto

All’adolescente incompreso, al soldato in caserma, all’ammalato a casa, alla casalinga frustrata, al lavoratore disoccupato, alla ragazza lontana da casa, al naufrago disperso o alla prostituta fuori lavoro il letto fa sempre la stessa e sola domanda:

“Perché vuoi alzarti?”

“Perché non posso rimanere qui”

“Ma perché?”

“Ho delle cose da fare.. devo reagire”

“Ma non pensi che qui saresti più comodo, al calduccio, sotto il piumone?”

“Si, lo penso.”

“Non credi che sarebbe più semplice se rimanessi qui sotto la rassicurante coperta?”

“Si, lo credo”

“Non trovi che se ti alzassi andresti solo incontro a responsabilità e doveri che ti farebbero solo che stare male”

“Si.. ma non posso restare. Mi verrebbero a cercare dopo poco”

“E chi lo dice? Il tempo è un inganno che ti concedi per sentirti vivo. Ma non è così. Il tempo si dilata, si rende infinito, se rimani qui con me.”

“Ma non posso. Come faranno gli altri senza di me?”

“Gli altri chi? Gli altri quando? Resterebbero in un infinitesimo di sempre in stasi mentre tu rimani sotto le lenzuola. Gli altri non esistono se tu non vuoi farli esistere”

“Ma lì fuori c’è tutta la mia vita”

“La tua vita è quella che tu decidi di crearti. Puoi smettere di fare tutto o fare niente. Puoi rimanere qui, con me, ed evadere per sempre”

“Io.. Io non..”

“Non senti il torpore? Non senti la calma? La sicurezza”

“Li sento”

“E allora rimani”

“Mmmm.. allora solo altri cinque minuti”

“Solo cinque, interminabili, minuti”
Scrivo queste righe sapendo che non sono di una bellezza sopraffine, ma ho avuto voglia di stenderle augurandomi che voi non incappiate in quei cinque minuti come me.


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