Elementi di decadimento

Quest’oggi quello che ho da offrire è un pensiero breve (o lo spero perché l’ultima volta che l’ho detto ho scritto l’articolo più lungo mai fatto). Non è nulla di esagerato, ma riporta una domanda che esiste dall’avvenuta dell’epoca moderna e cimentata con quella contemporanea: perché cazzo la gente si comporta così?

Ripeto, nulla di esagerato.
Lo abbiamo visto mille volte negli spettacoli cabarettosi di Zelig o quelli ancora più sai esilarati di Colorado (prot prot che ridere) e torna spesso in auge pure in quest’ultimo periodo con l’importazione dall’America della stand up.
Quindi mi son detto, perché non cavalcare quest’onda di ilarità e chiedermi anche io “perché cazzo la gente si comporta così?”.

Prendiamola larga (è già comincio a temere che non sarà così corto questo articolo).
Piove. Stai andando a lavoro, dall’amante o a ritirare pannolini sporchi per quell’esperimento scientifiche che ecco hanno assegnato ma vabbé non facciamo domande andiamo avanti. Sali sul bus perché, come me, la povertà è la tua unica amica. Quand’ecco che scorgi un posto vuoto. Ti appropinqui.
Bagnato.

In quel momento realizzi che esiste una lega del male, una setta dell’occulto, un manipolo di stronzi, che pensa che l’ombrello appena richiuso si debba tenere sul sedile. Certo – qualcuno di poco visibile dall’ultima fila mormora – se fuori piove sarai già bagnato. Intanto, fatti vedere, merda, che la prossima volta dirotto il 470 e ti investo. E poi, no. Sono una persona molto attenta e la natica rivestita di jeans non è bagnata.
E dunque, eccola lì un’esponente del male avvicinarsi con sguardo vitreo, che solo le triglie più decedute hanno, nel posto speculare al mio.

Qui, ammetto, che anche io faccio parte di una setta non proprio gradevole. Quella di chi posa lo zaino nel posto di fronte per disincentivare la seduta e poter star spaparanzato con le ginocchia che puntellano l’aria e non altre aguzze parti del corpo del passeggiero dinanzi. Ma(!) a mia discolpa – oltre all’essere alto e qualunque altro posto fa sì che mi compenetri nel sedile davanti – devo dire che, non appena il mezzo si fa un pelo più pieno, tolgo lo zaino, con lo sguardo di Gesù mentre spezzando il pane guarda gli apostoli, osservo i passeggeri in piedi e penso “prendetene tutti” offrendo quello che prima custodivo gelosamente.

Tornando a noi, con la stessa bontà nel cuore, vedendo la triglia che fa per sedersi, prontamente sposto lo zaino. Ma non per toglierlo – dato che, a parte il mio, tutti i posti erano vuoti – ma solo levare quelle cinghie pendule che di tanto in tanto fanno capolino nel posto vicino. Per far sì, in breve, che nessuno si segga sulle tridentate attaccature, e possa essere comoda. (Probabilmente ho cannato qualche verbo cercando di fare lo splendido).

Il tempo di afferrare il mio bagaglio che lei, subdola e spietata, posa l’ombrello scolo sul sedile. Senza nemmeno rendermene conto, probabilmente ebro di un incantesimo scagliatomi nel silenzio, tolgo lo zaino o lo sistemo al mio fianco. Per poi realizzare quello che era successo. Pesanti gocce inondavano come tsunami in scala quello che una volta era luogo asciutto per stanchi viaggiatori. La guardo, incurante di tutto ciò, nella speranza almeno di un ringraziamento per il mio semplice gesto.

Niente. Sguardo vuoto come il suo cassetto dell’altruismo.
E dunque eccolo lì, aprirsi il sipario della mia mente, con tutti gli scenari possibili. Dovevo solo sceglierne uno tra: farle notare che la gente lì ci si sedeva; prenderle l’ombrello, posarlo per terra senza dire una parola o – variante estrema – lanciarlo fuori dal finestrino; prendere l’ombrello – variante leggermente più estrema – e introdurlo con vigore in quel foro ingoia escrementi per sentirla boccheggiare finché il soffocamento non fosse giunto, seguito da uno scroscio di applausi e boati, fiori e reggiseni mi avrebbero raggiunto e qualcuno dice Bravo! e qualcun’altra dice Bis! e l’autista decide di portarmi direttamente a casa, quella casa che non ho ma è stata fatta subito colletta per acquistarmene una.

Nulla.
Ovviamente non ho fatto nulla. Non una parola, un cenno, uno sguardo contrariato.
E mi sono fatto schifo pensando, se non riesco a pronunciarmi in questa situazione, figuriamoci quando il carabiniere manganella un immigrato. E dunque una consapevolezza:
Sono motivo aggiunto della disfatta di questo paese.


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