Mi vado a licenziare.
Il trenta settembre ho “prenotato” il mio licenziamento presso la cooperativa e aspetto quel giorno come se fosse Natale. Immagino che un’affermazione del genere lascia quel vago amaro in bocca, vedendo passare sotto gli occhi due concetti così contrapposti. Ma è così. Libertà.
Dopo dieci anni da educatore per disabili quello che mi rimane alle spalle è la gioia di aver fatto un bel lavoro ed avere imparato molto… insieme alla schioccante frustrazione di non aver combinato nulla. Troppo spesso mi sono ritrovato pedina tra le dita di genitori e insegnanti e altre figure che senza diritto di parola, che mi dicevano cosa fare. Troppe volte sono stato boia di punizioni che non condividevo. Esecutore di una cattiva educazione. Carnefice capro espiatorio che lasciato fiorire giovani sguardi di rabbia e tristezza.
Il registro di questo blog mi dovrebbe imporre di essere frizzante e simpatico, come quando parlo di merda. Ma – cara amica o caro amico – oggi sono affievolito. Un fazzoletto macchiato di sudore che se ne sta floscio sul pavimento. Oggi mi sento questo perché oggi sono di nuovo boia.
La madre del ragazzo che tengo ha deciso che la punizione ideale sono quattro ore di dettato, in aggiunta alle tre di ieri. Sette ore di testo letto che io detto. Sette ore di massacranti di punizione… per entrambi. In fondo vado a licenziarmi per questo motivo: la mancanza di forza nel dire no, grazie.
E ora sono qui, a scrivere un articolo che di ironico non ha nemmeno la sorte, per esorcizzare questo sentimento di rassegnazione e nella speranza di trovare parole e coraggio per dirlo.
No, grazie. No, grazie. No, grazie.
Non credo di aver mai parlato della mia difficoltà nel piangere quando sto io male.
Beh – riassumendo – quando le persone stanno male o – ancora di più – quando sono io a farle stare male involontariamente, sono felice di poter aprire i rubinetti, riempirmi la vasca e farmi un bagno di tristezza. Con bolle di solitudine e sali di amarezza, passo in rassegna tutto il corpo, non lascio nessun punto scoperto. Esco, mi asciugo e sono pulito, pronto e di nuovo sorridente.
Se sto male io sento i condotti lacrimali bloccati. Sento la pressione, la voglia, ma non riesco.
Pensare che sfogherei così bene. Mi libererei di questa bolla d’acqua che ho nel petto. Che non salva e non annega. Mi libererei del disagio, della tristezza, della rabbia e frustrazione galleggiante. Mi libererei della confusione. Se piangessi sarebbe forse tutto più semplice decidere se alzare la testa o ingoiare merda.
Se piangessi sarebbe tutto più semplice?