Non so bene come parlare di L’approdo di Shaun Tan.
Ti direi, lì per lì, che è da leggere. Puzza un po’ questa frase in quanto sia un fumetto muto. Ed è questo il motivo per cui, lì per lì, dico che è “da leggere”. Fa sempre bene trovare cose diverse da quelle a cui siamo abituati. E vedere come una storia relativamente lunga possa essere raccontata senza dialoghi è sempre molto interessante.
Ma(!) ho detto che è una storia, e questo – forse – è il motivo per cui non riesco proprio a dirti di comprarlo.
Non c’è una vera trama. E non essendoci non c’è spoiler nel dire che tratta di un signore che va in un altro continente per lavorare e manda i soldi alla famiglia; inizialmente è spaesato per il “nuovo mondo”, ma altre persone, che prima di lui hanno intrapreso lo stesso percorso da migranti, lo aiutano; infine riesce a far arrivare anche la famiglia.
Qualcosa, mi ha ostacolate nell’immergermi emozionalmente in queste pagine.
Ma ci sono andato molto vicino.
Di davvero apprezzabile però ci sono vari aspetti.
L’ambientazione del nuovo mondo è praticamente del tutto inventata. Palazzi, animali, cibarie, mezzi di trasporto. Questa mancanza di familiarità del contesto e l’assenza dei dialoghi accentua il senso di spaesamento di questa nuova terra (che è chiaramente l’America). Più di una volta ho faticato – insieme al protagonista – a capire che cosa stessi guardando. Fiero.
Lo storytelling è un’altra raffinatezza non trascurabile, ma facilmente perdibile a occhio inesperto. Non stiamo qui a elencare tutte le scelte, altrimenti ti cresce lo zabaione sotto le ascelle (tipico detto della Mongolia occidentale). Ma se dovessi sceglierne uno direi che: mostrare l’interminabile viaggio in nave disegnando solo tante vignette, in una doppia pagina, che ritraggono vari tipi di nuvole a me ha colpito. Forse, detta così, non pare gran cosa, ma “leggendolo” ha restituito una monotonia e noia e attesa che solo una situazione simile può restituire. In fondo – per non sentirti prigioniero di una celletta – o guardi il mare o guardi il cielo.
Lo dico e lo ripeto, di disegno non sono così ferrato.
Quindi spero che il cielo non si strappi e la dea della mina non mi scolpisca con una HB sulla fronte la scritta Zitto Stronzo quando dico che i disegni mi sono piaciuti… ma non sono così immersivi. Nel senso. Bello cosa ha scelto di rappresentare, i paesaggi e… e il resto. E sicuramente non vedo l’utilizzo di tecniche mostruose. Ma quando, davanti un’apertura, mi trovavo davanti a un paesaggione in cui dovresti fare Wooooo” e invece ho fatto solo Wo. Se non capite cercherò in futuro di non usare simili tecnicismi.
Andiamo a concludere dicendo una cosa che può sembrare banale, ma secondo me è importante.
Non ho calcato sul concetto dell’emigrazione perché non c’è un discorso di razzismo. C’è lo spaesamento, sì, ma nessuno di quei momenti che tutti conosciamo in cui ti viene intimato di tornare a casa tua o non vieni fatto salire sul bus. E questa non è una critica ma solo un’osservazione. Tratta di come siamo umani e in quanto umani, nella nostra diversità, simili.
Detto ciò secondo me è un libro da avere e sfogliare con le proprie pargole e pargoli. Vedo già manine che voltano queste paginone guardando i disegni e imparando solo dalle immagini. Io lo facevo da bambino i fumetti di mio padre, senza leggere i balloon e cercando di capire la situazione. E quando i disegni erano particolari, mi soffermavo a cercare i dettagli. A scoprirne di nuovi che non avevo visto la volta prima.
(Usanza che, purtroppo, ho un po’ perso).
Quindi!
Se hai comprato da poco pargole o pargoli o ti va una “lettura” diversa, consigliato.
Altrimenti… beh, consigliato lo stesso, dai!