Ok, va bene.
Lo so che l’ho scritto la settimana scorsa e giuro – lo giuro – che non sapevo cosa sarebbe successo: ma mi è venuta la dissenteria. Quindi capirai bene che non posso assolutamente soprassedere su questo evento e non parlartene – con evidente effetto di trasformare questo articolo nel punto realmente più basso di questo blog. Mi scuso, ma lo devo fare. Ho bisogno di farlo!
Dissenteria, che dire?
Intanto non è diarrea. Specifichiamo. La diarrea significa che le tue feci hanno molle consistenza e che dopo aver rilasciato la colata nello stampo hai finito. Sei apposto. Magari con quel disagio che aleggia come spirito intorno alla tua area di escrezione ululando “chissà se ne arriva un’altraAaAaAaAaAa?”.
La dissenteria è diversa.
Significa che ti alzi dal cesso, ti siedi sul bidet e ti rialzi subito per tornare dal cesso. Se sei fortunato riesci ad aprire la porta del bagno e respirare aria pulita per un secondo, prima di tornare alla carica. Significa che alla fine dell’anno hai da pagare seicentocinquantasette euro di conguaglio dell’acqua.
Significa che, ehi!, forse quell’uovo non era tanto fresco.
Quindi, come promesso, il vero e unico punto più basso. Rapido e indolore, poi ce ne torniamo tutti a casa. Un elenco di termini che ho utilizzato in questi giorni:
- Mi sono irrigato le mutande (per la precisione: sette);
- Piscio dal culo (un grande classico);
- Ho messo un tappo al culo (alla fine, in risposta a chi mi chiede come sto ora);
- Gocciolo (uno dei nani indesiderati);
- Se provo a tapparlo con un dito fa effetto fontanella (tipo estate da bambini);
- Ho un serpente nello stivale (cercavo di distrarmi);
- Credo di aver scolorito il colon (troppi lavaggi);
- Di fontana, faccio il mio ano (momento poesia);
- Ho imparato a fare i gargarismi col retto (il mio preferito).
E questo è tutto. Forse dovrei scusarmi.
Forse no.
…
Forse si.
Scusa.