Rusty Brown: quando le cose luccicano.

Al master di sceneggiatura spesso viene ricordato quanto io sia appassionato di graphic novel, specialmente quelle in cui si scorgono spaccati di vita di personaggi che sostanzialmente non fanno nulla. E spesso mi viene ricordato, sempre al master di sceneggiatura, come ‘sta cosa sia vista da molti come – e cito testualmente – una rottura di cazzo.

Purtroppo è vero.
Capita che non ci sia una forte trama avvincente pew pew, come siamo un po’ tutti e tutte abituati. Ma io porto avanti la battaglia che anche i fumetti possano essere opere d’arte – come i film d’autore – e avere altri aspetti a farli brillare come fiocchi di neve in paradiso (profonda questa).

Il caso di Rusty Brown, pubblicati dai miei amici della Coconino e dell’autore Chris Ware, è proprio uno di questi. Un albo diviso in quattro parti in cui si va ad analizzare la sopracitata tranche de vie. E sì, non succede un cazzo, ma sì(!), splende per altre cose.

Abbiamo una regia che mi piace definire architettonica, con un’incasellamento di vignette nelle vignette che definirei particolare, ma che non affatica (troppo) la lettura. Ogni “storia” ha una sua peculiarità, più o meno evidente, sperimentata che dona allo storytelling un guizzo autoriale che lascia qualcosa.
Bene. E con questo ho finito di giocare al critico letterario.

Ogni vita di ogni personaggio che seguiamo – faccio uno spoiler emotivo – non si potrebbe definire felice (anche perché allora tutto il volume sarebbe di poco interesse): fallimenti, tristezza, traumi infantili e tutte quelle cose gioiose che ci sono nella vita deplorevole di, ahimè, molte persone nel mondo.
Ma non leggiamo anche per questo? Per colmare i nostri toraci di emozioni “sicure” in quanto sappiamo essere non nostre. Penso sia un lucente bagnetto di lacrime, più o meno metaforiche, che faccia sempre bene fare di tanto in tanto.

Ultima costa prima di salutarti – o interlocutrice muta, osservatore silente – che tengo a illuminare.
Tra queste pagine, nascosto all’incirca a metà, c’è un racconto di uno di questi personaggi. Un breve passaggio fantascientifico intitolato I cani guida di Marte, scritto da uno dei personaggi. Vero è che io non sia un consumatore di fantascienza, ma, gente, questo racconto è fotonico (per usare qualche termine sicuramente ancora in voga tra i giovani). Assestante e avvincente, lo si può leggere a parte.
Così bello che ho pensato fosse effettivamente un racconto di prosa messo a fumetto – ma Google mi dice di no; se mi sbaglio scrivimelo pure e incasso la cazzata detta – e con un meccanismo narrativo, che non svelo, a dir poco magistrale.

Con questo ultimo piccolo titillio ti lascio alla tua radiosa giornata.
Tante care cose.
Con affetto
Gimmi.


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