Die – (Di)partite: non solo puffi e gioco d’azzardo.

Nerd di tutto il mondo, unitevi!
Che poi, chi sono i nerd, oggi giorno? Tutti siamo nerd di qualcosa e questa parola ha la stessa importanza di una buccia di mirtillo su un marciapiede in Scandinavia. Ma direi che non è questo il tema dell’articolo, ma lo è Die – (Di)partite, il primo volume di una storia dark fantasy. Di Stephanie Hans, e Kieron Gillen.

Perché ho radunato i nerd di tutto il modo prima?
Per il semplice fatto che all’interno ci sono molteplici citazioni di questo mondo spesso attribuito ai capelli unti e bubboli di pus. E parto da questo dettaglio proprio perché – se la tua conoscenza di questo genere, letterario e non, si limita a “I puffi vanno a Monte Carlo” – potresti non cogliere certe sfumature a mio avviso abbastanza riuscite.

Quindi, superato il pregiudizio che canta nella testa le parole del brano “Oh no, l’ennesima storia basata su D&D”, possiamo andare a scoprire qualcosa insieme della trama, senza spoiler:

L’inizio è un po’ particolare.
Dei ragazzi vengono risucchiati in un gioco di ruolo alla Jumanji. Ricompaiono dopo due anni, ma con un amico in meno. Conducono la loro vita per altri venticinque anni, quando tornano all’interno del gioco rivestendo i panni dei loro vecchi personaggi. Ti sembra che siamo arrivati a metà del volume? No, sono le prime tavole. Vedere questi stacchi temporali così frenetici mi ha fatto un effetto un po’ strano.

Non so dire se sia interessante o meno vedere i protagonisti fare i conti con personaggi e ambientazioni già incontrati in passato. Non penso di essermi spiegato bene: è un po’ come il film una Notte da leoni (Hangover) solo che loro sanno che cosa hanno fatto e ne riconoscono le conseguenze.
Non mi convince moltissimo perché – sostanzialmente – c’è il protagonista principale, che fa da voce narrante e ti spiega perché quella specie di zombie gli si è liquefatto in bocca. Molto “detto” e poco “mostrato”. L’ho un pelo sofferto.

A parte queste cose che, crik crok, scricchiolano un po’, ci sono delle idee davvero interessanti all’interno, che non ti svelo perché fanno parte del fascino della trama. Aspetti che effettivamente portano brezze fresche nel panorama ludico.
Sì, perché – a quanto pare – è divenuto davvero un gioco di ruolo (viene da chiedersi se sia stato pensato prima l’uovo o la gallina, se capisci che intendo). E, boh, sì, perché no? Lo proverei anche, se ne avessi l’occasione.

C’è ancora, in effetti, una cosa che mi è spiaciuto vedere. Ovvero scene molto fighe asciugate in pochissime vignette. Ma questo, temo, sia la prerogativa dei fumetti americani. Anche se mi dico, hai voluto fare una serie? Concediti un po’ di spazio! Goditi il momento, il flow.

Quindi!
Lo suggerirei? Sì, se hai le conoscenze di base per apprezzarlo. E sì, potrebbe diventare una bella storia. E sì, penso che andrò avanti con la lettura. E sì, mi piace fare gli elenchi partendo con, e sì!

Detto questo ti saluto con un buffetto sulla guancia, nella speranza di poterci leggere lunedì!
Ciau.


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