Mi capita – a distanza di mesi – di andare a dorso a ritroso delle vecchie chat di WhatsApp.
Cosa significa a dorso, mi chiederai. Nulla. Solo che passo in rassegna tutte le conversazioni aperte. Prima di bollarmi definitivamente come “Pazzo, tenere fuori dalla portata dei bambini” (che suona decisamente male), ti chiedo un attimo di pazienza che te lo spiego.
Quando cerco un posto in affitto o gente a cui affittarlo; quando devo reclutare persone per un lavoro; quando – ed è il caso che mi ha portato a scrivere questo articolo – cerco gente per dividere uno spazio coworking; o quando devo invitare persone al mio compleanno per grigliate in cui mi diranno che vengono per poi fingersi tutti malati di gotta…
Per tutti questi casi, spollicio in giù nell’elenco fino a grattare con l’unghia il fondo.
Ho già ripetuto diverse volte come sia maturato in questi ultimi anni e temo di provocarti nausea o una gotta acuta nel dirlo nuovamente. Quindi sorvoliamo. Basta che tu sappia che il mio rapporto messaggistico con le persone è molto più sano di prima.
Nonostante questo, ritrovare gente che non si sente da anni… brrr. Regala una sensazione molto strana. Come se un wresler mi sollevasse dalla faccia e mi lanciasse in una piscina piena di granita di sciroppo alla violetta. (Stranamente specifico vero? Ma è la cosa che si avvicina di più.)
Insomma, mi sento nuotare in una massa informe di vecchie sensazioni.
Chissà perché quella persona non mi ha mai risposto? Con lei sono stato pesante, mi dovrei forse scusare? E se lui mi odia ancora? Chissà se ci pensa alle volte? Forse dovrei mandare a TUTTI quarantotto messaggi; così, per sicurezza.
Tutti pensieri del cazzo che arrivano dal fondo della mia nuca che gioca a mahjong con il mio intestino (anch’essa specifica, ma questa è una cagata).
So controllarli ora e quindi tutto bene. Ma mi sorprende come con le conversazioni fatte dopo il mio processo di miglioramento personale non mi creino disagi, ma quelle prima richiamino questi echi di scorregge nel mio cranio.
Con questo avrei finito, ma c’è una piccola parentesi che mi piaceva aprire prima di concludere.
Andando indietro ho anche rivisto le facce negli avatar di nomi non riconosciuti o non identificabili a causa del nome perso con il cambio del telefono. Quindi passo minuti interi ad analizzare questi tondini e chiedermi cose del tipo: “Ma chi è questa persona con occhiali da sole, a dorso di un cammello in Norvegia, che sta versando da bere a un nano?”
Temo non lo sapremo mai.