Ipotizziamo che…

Ultimamente ho preso gusto (come sono partito a razzo, visto?) a fare domande alle persone.
Non che prima non lo facessi, ma erano domande all’interno della conversazioni. Domande giustificate. Coerenti. E non domande che fanno emergere il quesito “ma a chi cacchio mi sono seduto a fianco su questo bus?”.

Piuttosto, domande che sto collezionando – alcune mie, altre prese in prestito – da fare alle persone (conosciute) in momenti di convivialità, alle volte gioco, se non silenzio imbarazzato… così da aggiungere ulteriore imbarazzo.

Questa pratica mi piace per diversi motivi, ma non mi sono mai fermato davvero a riflettere quali. Mi son detto quindi che un articolo poteva essere il momento giusto. Tanto non abbiamo nulla di meglio da fare in questo lunedì mattina, giusto?

Le domande che pongo sono leggermente diverse dalle “classiche” – passami il termine – che vengono poste. Nel senso, dove vorresti vivere? è una domanda che ci si aspetta, predigerita, che non porta uno spiazzamento e quindi un vero pensiero. Ma se chiedi ipotizzando che scoppia una guerra e tu debba lasciare l’Italia, in paese andresti? la situazione cambia. C’è da pensare.
(Ho svelato una domanda di quelle che reputo meno belle. non è che qui mostriamo le carte con leggerezza!)

Uno dei motivi è semplicemente che – di tanto in tanto – qualche risposta diversa arriva e mi dà altro a cui pensare, e a me pensare piace parecchio. Se mi dovessero chiedere, preferiresti una villa al mare o pensare parecchio risponderei, una villa al mare, però pensare mi piace parecchio.

Ma il motivo davvero interessante per cui pongo queste domande è per vedere gli occhi della persona che ho davanti illuminarsi di una prospettiva sulla loro vita mai avuta prima. Quel piccolo senso di spaesamento. Un pensiero vergine pucciato in un bagno di certezze. L’effetto è, su per giù, quello di un cubetto di ghiaccio che cade in una padella di olio caldo.

[Per maggiore immersione nel discorso ecco cosa intendo: AUDIO]

Infine, le domandine birichine che faccio hanno l’ottimo scopo di far trasudare l’essenza – o parte di essa – della persona. In base a come reagisce, a cosa succede dopo, si possono capire molte cose.

Ci sono, a grandi linee, due tipi di approccio a queste domande, da parte loro.
C’è chi accetta la sfida e ci prova pensandoci, alle volte, anche molto. E c’è chi si prende un pochino male e rigira velocemente la domanda deviando il disagio.

In ogni caso, normalmente la domanda ritorna. Molte ho ovviamente già pensato a una risposta, ma ad alcune no. E quando si sentono dire “non lo so” aggiungono rapidamente “ma come?! Ora devi dare una risposta”. Ed io, in quel momento, mi sforzo tantissimo per apparire cool e mettere insieme le parole per una frase al massimo effetto cercando di farla rimanere impressa per il resto della loro vita, fallendo la maggior parte delle volte.
E dico qualcosa del tipo:
Non importa la risposta. L’importante è pensarci.


P.S: L’audio di prima era palesemente una cazzata.


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