Ho dimenticato di far la foto al fumetto prima di venire in ufficio. Mi sono dovuto adattare. Spero non sia un problema. Perché lo so che ci si affeziona a una costanza, ci si abitua, e veder cambiare le cose all’improvviso può spaventare. Siediti, al limite, fai un respiro e prendiamo a parlare del fumetto, che dici?
[Mi chiedono di informarti che quest’introduzione del tutto gratuita è stato un tentativo fallito di far scivolare via il sonno dalle tristi membra (sì oggi sono un po’ triste)].
I racconti dell’era del Cobra è un bel fumetto dai tratti spagnoleggianti.
Infatti – so che farai fatica a crederci – Enrique Fernandez è spagnolo, nonostante questo nome fortemente pugliese. C’è tutto uno stile, una freschezza di cui non ti saprei spiegare il perché, richiama fortemente lo stile spagnolo. Forse perché, i nostri cugini, mentre disegnano urlano Olè! e ciò fa impregnare la carta di spagnoleggitudine e sterco di toro. Non ne ho idea.
Ma passiamo alla mia parte preferita, la trama (che è anche l’unica cosa di cui posso mettere becco).
La trama è strana. C’è anche se non proprio convenzionale, mi sbilancerei a dire. Il tutto ha sapore di fiaba (o Le mille e una notte, mi dicono dalla regia), soprattutto una parte iniziale che fa da prologo, anche se prologo non è.
E questo non-prologo comincia e sembra contenere più di una fiaba e che tu dici “Ah, quindi inizia così” e poi no, non è vero. Leggi ancora e pensi “Ah, ecco! Andava a parare qui, quindi è questa la storia” e niente ancora. Ti fa tutte queste false partenze. Delle finte, o bosse come dicono in giovani di dieci anni fa.
Ci sono poi due aspetti, che normalmente non direi mai di usare a nessun mio alunno – vero o immaginario che sia – ma che in questo caso funzionano. Entrambi dati dallo stesso elemento appunto fiabeggiante, il narratore:
Il primo è che la storia, in quanto narrata, è tutto un flashback. Però si salva, perché non è chiaro chi la stia raccontando – in quanto munito di maschera – e possono venire di sospetti sul dove e quando tutto ciò accada.
Il secondo, è che è pieno di didascalie date dalla voce narrante. Ma in qualche modo, anche questo aspetto non è eccessivamente pesante. Si sente, eh? Però non ti fa prendere la decisione definitiva di mollare.
Ho trovato anche molto carina, una scelta a metà del libro, che salta all’occhio perché esce un po’ dallo storytelling, però funziona e non è aggressivo. Ora non saprei se scriverlo o lasciare il piacere della scoperta. Facciamo così, apro una sezione spoiler, per così dire, in fondo all’articolo. ok?
Anche il finale, non è male. Non è scontato. Nulla di travolgente, è semplice e fila, ma non è banale.
Io direi che posso chiudere qua. Sonno e tristezza mi fanno chiudere gli occhietti.
E poi ho fame. E sonno.
E sono triste.
…
Mi scappa anche un po’ di cacca.
Cia’!
Sezione Spoiler: si scopre che Frodo non aveva poi tutta questa voglia di andare fino al monte Fato, alla fine.