La stand up comedy.
Quella cosa che fa ridere ma anche riflettere (questa frase è una specie di mantra che si sente spesso nell’ambiente. Segnatela bene perché non ha nessuna importanza con l’articolo).
A mio avviso, quello che sta alla base di questa forma di comicità – ancora un po’ tenuta a distanza dal pubblico italiano – sono gli open-mic. Ne abbiamo già parlato in un articolo passato – probabilmente non è vero, ma mi dà un tono scriverlo – ma per sicurezza scrivo che:
Un open mic è l’arena in cui i comici, inseriti in uno slot temporale che va solitamente tra i cinque e i dieci minuti, provano, testano, rodano i loro pezzi per migliorare sempre di più. In Italia non vengono pagati e il tutto può essere una gioiosa passeggiata come un bagno di sangue antirughe.
Chi fa da collante a tutte queste persone che praticano comicità?
L’MC, che non sta per Milano Centrale, né Morte Certa e nemmeno per Meridionali Circoncisi (eh, lo so, mi sono rovinato la battuta nel titolo), ma bensì Mastro Cerimoniere. Che cazzo centra tutto ciò con te che stavi tranquillamente mangiando un gelato al fruttosio? Perché è quello che faccio io. Zan zan zaraaaaaa!
[Nota a parte: ci sono delle volte che, mentre scrivo un articolo ritenuto semplice, capisco che mi sono infilato in una cosa lunghissima e mi pento di averlo iniziato. Questa è una di quelle volte.]
Io e il collettivo di cui faccio parte, i Li Evito Male, creiamo queste serate open-mic perché a Genova non ce ne sono e noi non ci possiamo impratichire bene come comici a far (quasi) ridere.
“Ma Gimmi! Ma se hai detto…”
Ma sempre a rompere i coglioni sei tu? Ho fatto anche la nota per dire che che già sarà lungo ‘sto articolo portatore di tristezza e mi vieni a interrompere?! Ci manchi tu!
Sì, è vero. Io spesso non porto un pezzo, perché preferisco – e qui entriamo nel cuore dell’articolo – fare da MC. Perché, come forse si intuisce, io vorrei imparare a muovere su un palco a trecentocinquantanove gradi (sono realistico) e fidati, e dico fidati, quando ti dico che è mille volte più difficile fare l’MC che portare un pezzo… anche se probabilmente ci sarà chi mi smentirà perché è abbastanza soggettivo.
Mettersi nei panni moto stretti di un presentatore ti porta in una dimensione che, tirando a caso, chiunque salga su un palco dovrebbe provare. La mente, se non pronta e preparata a dovere, entra in una doppia bolla in cui, fra le due, c’è una nebbia confusionaria. È come se vedessi le persone davanti a te e allo stesso tempo il tuo raggio visivo si riducesse fino a due metri di diametro. Come se Dearedevil si orientasse non con l’udito, ma con l’olfatto e gli puzzassero le ascelle.
Inoltre, questa roba che comincia a insediarti la mente come un senzatetto che un tetto ha trovato (il tuo), non è una cosa che inizia la fai e finisce. Perché alla fine di ogni comico dovrai risalire ed essa ti porterà a dimenticarti che sei il fottutissimo MC e prende di nuovo sottogamba.
Terrificante vero?
Lo è, lo è. Però – e con questo ti lascio – qualcosa dentro di me, fra il masochismo e un lego che ho ingoiato da piccolo, c’è qualcosa che mi dice impara a tenere quel palco e tutto il resto sarà una cazzata. E io bramo riuscire a cavalcare quell’onda, scoppiare le due bolle, smettere di vomitare prima dopo e durante l’esibizione per diventare bravissimo in quello che voglio e vorrò fare.
Ti è piaciuta questa carica d’ottimosmo?
Anche a me.
Cia’!
P.S: Visto che bravo son stato che non ho mai usato una battuta a tormentone?