Attenzione:
Articolo contorto. Leggere con cautela.
Avrai notato che c’è stato il Lucca Comics.
Probabilmente dal fatto che non ho postato gli articoli di venerdì scorso e questo lunedì. Un altro motivo potrebbe essere che si è avvertito una sostanziale riduzione del tasso di nerd presenti nella tua città (o eri tu a essere nerd a caccia di Covid a Lucca).
Bene. Data questa giustificazione articolata del perché sono sparito per più di una settimana, ti parlo di Storie zitte pubblicato dalla IFIX; uno degli acquisti piùmmeglio che abbia fatto in quei cinque giorni di tortura e bestemmie.
Questo articolo è particolarmente difficile da scrivere.
Mi accorgo che sto attorcigliando le frasi e temo non si capisca un cazzo. Altro aspetto è che non vorrei apparire un ruffiano nei confronti dell’autore. Ma, oh, sai che c’è?
‘Sticazzi.
Penso sia utile – per essere un lecchino a tutto tondo – dare un minimo di contesto e partiamo proprio da IFIX, che è – cito dal sito – uno studio di design, progettazione grafica, comunicazione visiva e casa editrice.
Usciamo quindi un po’ dal semplice fumetto con poche pretese, se non quelle di raccontare una bella storia. Qui siamo in un contesto leggermente diverso. E non ti sorprenderà sapere che, da buon lusingatore, per me è qualcosa di più artistico.
Il volumone che potreste avere tra le mani è un’opera di Simone Angelini.
Se questo nome ti dice qualcosa è perché è proprio il Simone Angelini di Anubi, il primo fumetto di cui ho parlato, oramai anni fa, in questo spazio di disagio e – da oggi – leccaculaggine (anche se purtroppo non riesco a ritrovarlo).
Per quanto possa sembrare oramai cortigiano in questa situazione, Storie zitte è l’apoteosi di ciò che amo. Raccolta di racconti muti. Ma siccome qui siamo su un altro livello (slap, il suono che fa un leccapiedi) per lasciare una soddisfazione finale a chi legge, c’è una cornice – non esplicitata all’inizio – che raggruppa tutto quanto.
Dettagli, personaggi e simboli che si ripetono, tutto ritorna con un finale bizzarro, ma – appunto – soddisfacente.
Il fatto che non ci siano i dialoghi porta la “lettura” a un livello di complessità leggermente più alto e talvolta per riuscire a capire bene il senso delle vignette ho dovuto spendere qualche secondo in più. Ma vuoi mettere la soddisfazione di quando arrivi a capire del perché di quelle scelte? Del perché di quel storytelling?
So che la mia condizione di lacchè può solo che peggiorare, ma le storie Beach e Tattoo mi hanno sconvolto dentro, fuori e intorno. Probabilmente mi sono perso comunque degli aspetti, in tutte le storie. Ma da buon adulatore penso che li ritroverò con una seconda, se non terza, ripassata.
Non è che ho molto da dire. Il mio ruolo da incensatore l’ho fatto (e ho usato tutti i sinonimi di ruffiano che la Treccani mi ha passato e direi che ho adempito ampiamente al mio ruolo).
Ti lascio tre immagini per capire il mood delle storie – ed evitare di parlare del disegno – che mi sono umiliato abbastanza per oggi. Spero che ti capiti di sfogliarlo perché, seriamente, è una bomba.
Cia’!