Se fossi ricco, sarei povero.

Allora, come sono passate queste festività?
Il dio del luogo comune e delle lamentela mi suggeriscono “male”. La prendo per buona.

In questi giorni di pioggia mi capita di pensare al mio ombrello.
Freno già il tuo fantasticare, in cui mi immagini sognante a cena fuori, io ed esso, a ciucciare spaghetti come i cani, mentre ci teniamo i manici l’un l’altro; mentre facciamo castelli di sabbia al mare; mentre ci baciamo sotto la pioggia.

No, non penso al mio ombrello – che non è nemmeno un messaggio in codice per definire una mia parte del corpo – in questo modo. Penso a quanto mi è costato e alla reazione della gente a cui lo dico.

Quarantanove euro e novanta.
Con esattamente quel “COSA?!” che ti gocciola dagli occhi, la gente mi guarda continuando con “per un ombrello?!”. Sì, esattamene. Per un ombrello. Capisci perché ci penso?

Non l’ho acquistato recentemente, ma in epoca A.C. (Avanti Covid).
Anti vento, in carbonio, con le stanghette con le molle che se si gira non si fracassa come un’anziana con l’osteoporosi che cada da un tappeto. Una figata di ombrello! Mi emoziono a pensare al mio ombrello (ripeto, no doppi sensi). Proprio per questo motivo arriviamo al titolo evocativo di questo articolo:
Se fossi ricco, sarei povero. Che significa?

Al di fuori del fatto che sia un ossimoro e serve solo per far capire il concetto, vuol dire che se io avessi tanti soldi, probabilmente ne spenderei altrettanti. In droga?, ti chiederai. No (anche), ma in oggettistica fierissima che non mi serve realmente così tanto. Come il mio ombrello a scatto.

Da sempre – forse anche tu – ho avuto questa effervescenza dentro pensando di poter acquistare il top del top di cose che, forse, un giorno, per caso, potrebbe essermi utile… ma vuoi mettere la soddisfazione?
Ti faccio un esempio classicissimo: se sei uomo non vorresti avere una cantina, uno sgabuzzino, con tutti gli utensili per il fai-da-te in ordine tra scaffali e muri? Cacciaviti, trapani e occhiali da saldatore? Mi gasa così tanto l’idea che non ho messo la mia consueta minchiata finale!

Pensi mi fermi qui?
Credi che io sia un cliché machista? Se avessi ricchezza prenderei, per la mia folta chioma, tutti i prodotti naturali plastic-free; terrei un altarino per sciampi, balsami, maschere, spazzole e occhiali da saldatore! (E vabbè, dai. Mi è scappata).

Fino a qui potrebbe avere un senso. Ma poi la questione degenera.
Mixer, microfoni, strumenti musicali, aste e cavi. Ma anche attrezzatura per feste, come giochi da tavolo, festoni, palloncini, costumi, maschere e drunk-game. E per le mie centoventotto (ipotetiche) paia di scarpe non vorresti: scarpiere, solette, tacchetti, lucido, spazzole, stringhe e cera (si dà la cera alle scarpe?). Mado’, non parliamo degli elettrodomestici: phon, rasoi, massaggiatori, bilance, ferro da stiro, lava finestre e scope elettriche. E – perché no? – tutto quello che serve per farsi un caseificio in casa!
E tutto – TUTTO – rigorosamente in ordine.




Una volta, da bambino, sapevo risparmiare.
Poi ho scoperto le gioie del consumismo e anche un ombrello mi può portare in rosso.


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