Buongiorno.
Mi pare un buon modo di iniziare quando sei ripieno di muco e le capacità scriverecce vengono meno. Non voglio nemmeno immaginare i refusi che ci saranno in questo articolo. Ma, oh! Così è la vita… ripiena di muco.
Per fortuna, ti parlo di un fumettino delizioso.
Imparare a cadere richiama tutta la mia sensibilità d’educatore e racconta le fatiche di un bambozzino (quell’età di passaggio tra bambino e ragazzino) con qualche problema che si ritrova in una comunità per quelli come lui. Quelli di cui la diagnosi non è palese e li eviti per strada pensando che siano pazzi assassini.
Sentimenti, sofferenza, stranezze, situazioni che non capiamo.
Sono tutti gli ingredienti per una graphic novel che a me piace parecchio. Anche se non mi sento di dire che non succede una mazza. Qualcosa accade, ma ciò non me lo fa piacere meno.
[Se il paragrafo appena letto ti crea confusione significa che non sei un fan del mio blog e ti rispetto comunque, ma un po’ meno.]
Mi voglio sbilanciare un pochino.
Certe situazioni io le ho ben presenti e, per questo, sono abbastanza convinto che lo abbia apprezzato di più. Non sono certissimo però, che altre persone riescano a entrare bene nel mood. Una leggera critica forse non corretta che faccio pensando a una situazione molto vaga, dove chi legge potrebbe rimanere con un senso d’interdizione e trovarsi a vagare per qualche macelleria del centro chiedendosi “aspe’…?”.
C’è un’altra piccola nota negativa, che è il lettering della storia.
Più di una volta la lettura dei balloon è confusa e rallenta il ritmo. Nulla di grave, dato i dialoghi snelli e naturali della storia. Non so e dare la colpa all’autore Mikaël Ross o al letterista. Non ho più il fumetto con me – ovviamente prestato – e non ho modo di controllare due cose.
Ma ‘sticazzi alla fine!
La storia strizza il cuore come un lenzuolo rosso lavato di fresco e steso sotto una giornata di sole in campagna. C’è l’amarezza, ma anche molta dolcezza.
Da leggere? Sì, da leggere.