Due venerdì fa sono andato a un compleanno di un’amica.
Lei, da buona giovine, ha scelto di farlo in un lounge bar. Io, da buon giovane dentro, ho accettato di rischiare la mia vita fino le quattro di notte. E questo è l’inizio del mio declino.
Per chi non sapesse cosa sia un lounge bar, non si preoccupi; nemmeno io.
So solo che c’era la musica e si poteva ballare. Ma non è una discoteca a quanto pare, perché in un lounge bar hai il brivido di scontrare i bicchieri altrui, dato che puoi muoverti solo nel metro tra un tavolo e l’altro.
A dimostrazione del fatto che si balli in un lounge bar– vorrei potessi sentire con quale soave pronuncia queste parole si dinoccolano sulla mia lingua – è dato dal fatto che, a fianco alla console, c’erano due cubiste su piccoli cubi; delle cubistine. (Questo aspetto tienilo a mente che sarà di grande importanza più avanti.)
Cosa ci fa un trentenne in un ritrovo di giovani che sudano e si strusciano su ogni superfice disponibile, compreso quel termosifone laggiù?
Presto detto amica femminista pronta alla critica mordace. Ti rispondo subito, amico maschilista dal languido pensiero gocciolante. Sono andato per quell’unica cosa che può interessare in un posto simile! L’unica cosa che può spingere un tipo come me ad andare in un posto come quello. C’è addirittura chi direbbe che è quella cosa che fa girare il mondo!
Sto ovviamente parlando della danza.
Avrei scritto “ballo”, perché nella mia testa è più azzeccato in quanto io pensi che la danza abbia dei passi prestabiliti – salsa, polka, macarena -, ma se avessi usato il sostantivo maschile non potevo far credere che stessi parlando dell’organo riproduttivo femminile.
Se c’è una cosa di cui mi pento di far troppo poco, non è l’interazione con l’organo riproduttivo femminile, ma ballare. Ballare è una cosa che mi piace talmente tanto che rimpiango di essermi fatto scendere i testicoli quand’ero ancora feto.
C’è solo un aspetto purtroppo che mi mette un po’ di tristezza.
Se non mi hai mai visto ballare, prendi mentalmente l’immagine di Pippo e fallo muovere a ritmo di Despacito e capirai che vedermi è una goduria per chi è al terzo negroni… ma solo per loro. Tutti gli altri vedono i miei arti lanciarsi in diverse direzioni, dinoccolati come le parole sulla mia lingua mentre pronuncio lounge bar.
Non pensare male. Non sono solo un manichino d’addestramento giapponese, pronto a cavare l’occhio di una cubistina. Mi muovo a tempo! Ho un certo flou. Un flou nel lounge bar (vorrei dirti che la smetto, ma…). O almeno così mi dicono.
Perché in sostanza mi diverto a muovermi e mi diverte pensare di farlo in modo buffo in modo che altri si divertano a ballare in modo buffo con me.
Per l’appunto, arriviamo alle cubistine promesse, e poi chiudo.
I nostri tavoli erano dietro la console e quindi anche dietro di loro. Non darò la colpa all’alcol – perché so che l’avrei fatto anche da sobrio -, e ne vado fiero, per averle guardato la nuca (“sé, la nuca”) e aver esclamato: “Ma non si balla così!”.
Sciolto i capelli, ho iniziato ad ancheggiare scimmiottandole. Un momento molto divertente. Molto più divertente quando altre persone si sono aggiunte in quella pseudo danza sensuale… o almeno questo mi ricordo. Potrei essere rimasto anche da solo per quindici minuti credendomela tantissimo.
Penso lo scopriremo quando uno dei molti sbarbi davanti a tutti noi ne caricherà un video su TikTok.
Ci sarebbe molto altro da dire, ma penso lo terrò per l’articolo del prossimo lunedì.
I miei più dinoccolati saluti.
P.S: vorrei scusarmi per non aver inserito nel titolo lounge bar, come prevedibile, ma penso che questo sia meglio nel cercare di espandere il mio pubblico anche in quella piccola nicchia – ma molto attiva – di eunuchi di Borgio Verezzi.
L’importante è ballare! Sempre!
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Il difficile è ricordarsi di farlo… mannaggetta.
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La musica giusta aiuta molto!
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