Oggi è una giornata un po’ storta.
C’è il sole, ma non lasciarti ingannare. Questo freddo caldo condito con sudore e vento è lì lì pronto a tenderci un’agguato e farci ammalare con la convinzione che sia Covid, ma non lo è. Quindi cercherò di fare in fretta, perdonami. E comunque, di Laura Dean continua a lasciarmi c’è poco da dire.
Di una delle cugine Tamaki (probabilmente è razzista dire che mi ricorda il sushi, ma che ci posso fare se me lo ricorda?)… dicevo prima della nota razzista… di una delle cugine Tamaki (zenzero e wasabi) abbiamo già visto qualcosa, se ricordi: E la chiamano estate.
Ma a ‘sto giro ne abbiamo solo una, la sceneggiatrice Mariko. Perché ti dico tutto ciò? Perché è una giornata storta. Pensavo fosse chiaro.
Partiamo dai disegni. Belli.
Poi…
C’è una curiosità che mi suscita un ragionamento.
Essendo una storia d’amore, con una trama piuttosto lineare – forse un po’ banalotta – la scelta del rosa, oltre al bianco e nero, mi lascia subito una sensazione di cliché. Però poi, leggendo, si perde questo pensiero.
Perché, vedi, essendo storie d’amore tra due donne – e con qualche altra roba che ci gira attorno che grida LGBTQIA+ (sono andato a leggerlo perché non mi ricordavo tutte le lettere) – potrebbe parere quasi offensivo l’utilizzo del rosa.
Però penso che: un cinquanta percento ‘sticazzi e l’altro cinquanta che alla fine è anche una storia teen. Protagoniste adolescenti. E se penso all’adolescenza degli ultimi trent’anni e il colore che potrebbe avere mi viene solo il rosa. E quindi torniamo al primo cinquanta percento e ‘sticazzi.
Abbiamo detto che la storia è un po’ piatta.
No? Allora lo dico ora. La storia è un po’ piatta. Alla fine – senza gran spoiler – è la protagonista che ha una relazione un venti percento tossica (oggi, signore e signori: percentuali!). E quindi vorrebbe lasciarla, però no, poi si, poi sto male, poi sto ancora più male e alla fine… eh, chissà!
Però rientra proprio nel tipo di graphic novel di questo genere. Quindi non mi aspetterei qualcosa di diverso. Inoltre – a mio avviso – viene ancora di più salvata da una regia decisamente dinamica e molto evocativa. Stacchi, dettagli, zoom in, primi piani. Scelte magistrali che ti accompagnano nel dolore della protagonista (di cui avrai capito non ricordo il nome).
Quindi…
Li diamo ventuno euro alla Bao per questo fumetto? Forse ventuno sono un pelo troppi. Però in generale non è un prodotto malvagio, utile – solita nota ai fumettisti e fumettiste – per prenderlo come studio se si volesse sperimentare un linguaggio di storytelling diverso.
Detto questo vado a cercare di raddrizzare questa giornata con sorrisi, simpatia e – perché no? – un giro di insulti agli anziani. Così, per gradire.
Cia’.
P.S: Chissà quanta roba maschilista e patriarcale – oltre che razzista – ho scritto senza accorgermene. Però oh, l’avevo detto che era una giornata che partiva storta. Non volermene <3.