Ed ecco che torno alla carica, anche se il mio morale oggi è a terra. Ma confido che il potere ironico della bestemmia mi aiuti a tirar fuori qualcosa di suggestivo dal cilindro. Come un calzascarpe, che non ce n’è mai abbastanza.
Ero rimasto ai secoli bui, dell’articolo scorso, ricordi?
Una parte di stalker, due di rabbia repressa, tabasco e ghiaccio. Agitare (non mescolare) e quello che avete è il cocktail perfetto per delle crisi che ve le raccomando. Roba da autolesionismo, proprio. Ma questo è abbastanza “divertente” da essere raccontato in un articolo a parte.
Ti basti sapere che – per qualche ragione – il richiamo indelicato al mondo divino non era più un pretesto per far ridere. Nasceva proprio dal cuore ed era assai liberatorio (continuo a non spiegarmelo). Ma comunque sono pur sempre della filosofia di evitare di farlo e cercavo di limitarmi.
Quindi estraevo dal mazzo una figura – re, donna o cavaliere, facilmente riconducibili a una famigliola moderna che noi conosciamo bene – e la calavo sul tavolo bella potente con esclamazione e vene al collo annesse: ***** ***!
[Guarda, peccato che non ci sono gli asterischi maiuscoli, che avrebbero reso meglio l’idea.]
Fatto sta, che da quel periodo capisco meglio chi bestemmia per rabbia, un po’ meno chi lo fa come intercalare. Una brutta carta da pescare in compagnia e da usare con parsimonia, come l’avada kedavra di quell’antagonista a forma di preservativo.
Finito quel momento di spasso – grazie a quell’angelo della mia terapista e alla morte in carcere dello stalker (sono sicuro tu voglia sapere com’è andata) – la magia della blasfemia è tornata come prima. Poche altre volte, forse solo una o due, mi sono ritrovato a bestemmiare per rabbia. Tutte le altre solo per far ridere, lo giuro!
Anche se…
Qui arriviamo ai giorni nostri. Prima facevo l’educatore di lavoro e varie attività, come il teatro e simili scenari rilassati. Nel lavoro, la bestemmia era sconsigliata – vorresti che accidentalmente un ragazzino autistico la impari e vada a mostrare a profusione la regina di denari? -, mentre negli altri ambienti, semplicemente non si diceva (tanto). Quindi, ero circondato da persone che non suscitavano il linguaggio scurrile.
Incredibile come passare da quello all’entrare nel mondo editoriale e quello della stand up comedy ti influenzi non poco la favella. Intercalare? Macché! Qui si parla di punteggiatura!
Tutto questo articolo (diviso in due) mi è nato proprio da fatto che, negli ultimi mesi, la regina di denari spunti sempre in cima al mazzo per ogni mio trucco. Affascinante.
“Pesca una carta. Guardala senza farmela vedere. Rimettila ne mazzo. Ok…
è ***** *******?”
Scopro che, frequentando le compagnie di pokeristi – con un Jack sempre tra i denti -, è difficile togliersela come abitudine. Perdo a un gioco, regina di fiori. Mi spavento, di picche. Mi cade una cosa, cuori. Sbatto il mignolo nello stipite del cane? La famosissima regina di denari mi fa un saluto di cellulosa mentre una lacrima riflette il mio sbigottimento.
Ma da dov’è uscita tutta ‘sta volgarità?!
Tutto ciò mi spiazza, ma non mi preoccupa. Sono passato sotto peggiori deformazioni linguistiche.
Tipo, di quando usavo super dietro ogni aggettivo per indicare una gran cosa: super bello, super affascinante, super gonfio (per un colpo troppo basso). Mi sentivo un coglione americano. E quello sì che è davvero umiliante.
Cia’.
Una risposta a "Apologia della bestemmia – Pt. 2."