Il me che ami nelle tenebre: sciaperia al tre per due.

Sarò breve.
Sarà perché è già pomeriggio e di solito l’articolo è la prima cosa che faccio la mattina e vorrei far altre cose. Sarà perché forse il mio apprezzamento per questa storia non è così alto. Sarà perché ho parcheggiato il cane in doppia fila. Sarà perché non ho un cane e devo capire cosa ho lasciato in doppia fila. Sarà per tutte queste cose insieme, ma sarà un articolo breve.

Il me che ami nelle tenebre è una storia come tante di una relazione tossica – se vogliamo usare il trend di questi anni – oppure di possessione – se vogliamo usare il trend degli anni scorsi.
L’unica differenza, cercando di non spoilerare molto, è che al posto del solito uomo che incatena la solita donna alla sua vita, c’è un essere.

Skottie Young – di cui non ti ho già elogiato le capacità narrative in Odio favolandia -, per dirla brutta, mi lascia l’idea che sia uno di quei disegnatori che dovrebbe rimanere a fare il disegnatore (come ci sono sceneggiatori che dovrebbero rimanere sceneggiatori, eh!).

La storia fa quello che deve fare, non lo mette in dubbio.
Ma lo fa in modo piatto. Nel duemila ventitré raccontare una cosa simile… beh… boh… buh…

[La parola sciaperia me la sono inventata, per la cronaca.]

Ho già detto che è una storia “d’amore”, no?
Perché invece che lasciare lo scontatissimo bisogno dell’essere di stare vicino la protagonista, non mi fai vedere quali possono essere le reali sfumature di una relazione simile in questa società? I compromessi e le soddisfazioni prese. L’abbandono di vecchie abitudini. Lo scontro tra i nuovi valori e i pregiudizi altrui!
O qualcos’altro?
… o non scriverla proprio?!

E invece no!
Gne gne gne, ti racconto in una ottantina di tavole quello che potevo raccontare in venti! (non so perché abbia scritto “gne gne gne”).

Però belli i disegni; che è quello che conta, no?
Cia’.



P.s: Ah! Anche il titolo è brutto.


2 risposte a "Il me che ami nelle tenebre: sciaperia al tre per due."

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