Un nuovo lunedì, un nuovo giorno in cui non so bene di che parlarti.
Quindi lanciamoci su qualcosa di semplice come il disordine cosmico della mente.
Questo fine settimana ho provato una sensazione nuova, che – chissà – magari può essere utile anche a te. Ma prima di arrivarci ti descrivo uno dei miei demoni più ricorrenti: Pugno al naso. Questa creatura, dai vivaci tratti e dal sapore di caramelle Selz, rimane comodamente seduta sul divano finché io non mi guardo intorno, dopo aver vagato in tondo per quindici minuti, e dico: costruiamoci un futuro.
(Che tradotto significa: sarà il caso di mettersi a scrivere, stronzo).
A questo punto, Pugno al naso – per gli amici, Puso – posa sul tavolino la sua lettura sulla fabbricazione di ansia, e posiziona le sue nocche lungo una traiettoria ben precisa, che parte dal mio prominente naso e arriva al monitor del pc. Bada bene che Puso se ne sta immobile.
Sono io che con veemenza accartoccio le mie narici muovendomi con decisione verso la sua mano. La conseguenza: stelline e ruggine tra me e il futuro. Bellissima immagine – ne convengo con te – ma non vuol dire un cazzo se non contestualizzo.
Quelle stelline rugginose che mi paiono davanti è la mia confusione mentale e ciò è data da tuuuuuuutte quelle cose – e dico proprio tuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuutte allungando così perché mi piace il suono che fa nella mia testa – che rendono disordine nei miei spazi, mentali e fisici, e che da sempre vorrei mettere a posto.
Non sto parlando di quelle robette che si fanno e poi, nel giro di una settimana, sono di nuovo da riordinane, come la scrivania o i batuffoli dell’ombelico. Ma di aspetti organizzativi pre-lavoro. Per esempio: tutte le idee appuntate in ogni dove – fogli, file, taccuini, pareti e utensili metalmeccanici – su cui negli anni ho scritto.
Quindi mi sono fatto una lista di queste cose e mi sono detto: parti dalla prima e non andare avanti finché non hai finito. Perché finché ho queste stelline di Puso davanti agli occhi, qualunque cosa io voglio fare è resa dieci volte – ma che dico dieci… undici! – undici volte più difficile. Certo, certo, scrivi pure il tuo articoletto su come finirai il tuo fantasy, ma tanto sappiamo che hai le cartelle Drive che sono più incasinate di un archivio comunale, mi ripetono le nocche di Puso mentre mi sanguina il naso.
Questo fine settimana ho fatto quello che faticavo, fino a poco fa, a ritenere possibile.
Mi sono messo lì e ho riportato – a mano! incredibile – tutte le idee sparse in un unico spazio cartaceo. Ti dirò di più! L’ho fatto con metodo, utilizzando un quadernino una per le battute, uno per le storie e uno per i personaggi. Non ti dico la dolce sensazione di un cielo notturno limpido: il mio personale inquinamento luminoso.
Non voglio dire che ho, legato nell’intestino, il timore che questa nuova consapevolezza duri nel giro di una settimana. Ma sento comunque una calma di fondo data dalla certezza che posso fare una cosa alla volta. Perché il problema di queste stelline non sono il fatto di essere presenti, ma di accecare come spilli luminosi, i miei occhi interiori.
Se tutto andrà a rotoli te lo scrivo.
Nel frattempo saluto Puso che si allontana e mi godo un naso intatto.
Una risposta a "Lo chiamavo Puso mica per niente."